Come il Nutri Score colpisce l’export italiano

Il cosiddetto Nutri Score è un sistema di etichettatura dei prodotti alimentari nato in Francia tra il 2013 ed il 2014, basato sull’accostamento visivo di cinque colori (dal verde scuro all’arancione scuro) e di cinque lettere (dalla A alla E) che rispecchiano il punteggio nutrizionale Fsa, ideato e sviluppato dall’Agenzia alimentare del Regno Unito.

L’etichetta è, quindi, il risultato di un calcolo preciso che non tiene conto della totalità della dieta, ma analizza semplicemente la salubrità di un prodotto in base ai nutrienti in particolare acidi grassi saturi, zuccheri e sodio – che esso contiene in 100 grammi.

Sebbene poche nazioni abbiano scelto, ad oggi, di richiedere il Nutri-score sulla parte frontale delle confezioni alimentari, la Commissione europea intende proporre come parte della sua strategia farm to fork un sistema di etichettatura nutrizionale obbligatorio a livello comunitario entro la fine del 2022.

Di conseguenza si crea un conflitto tra la fazione francese coadiuvata da diversi Paesi, tra cui Germania e Belgio e quella italiana, che propone un sistema di etichettatura «a batteria», recante un’indicazione con tutti i valori nutrizionali relativi alla porzione consumata.

I problemi del Nutri Score

Il problema tangibile dell’eventuale approvazione comunitaria del Nutri-score riguarda palesemente l’export dei prodotti italiani, particolarmente «colpiti» dal sistema di etichettatura francese «a semaforo».

L’etichetta Nutri Score resta un sistema di informazione nutrizionale fuorviante, anche con le modifiche che migliorano la classificazione di alimenti come l’olio d’oliva.

La Ong SAFE ha condotto una serie di studi per tutelare i consumatori (Safe Food Advocacy Europe), dopo un’analisi dei nuovi punteggi proposti dal comitato scientifico del Nutriscore. Una classificazione che “produce nuove distorsioni”, secondo appunto Safe.

Dopo l’esame della nuova formula di classificazione degli alimenti proposta dal comitato scientifico del Nutri Score per far emergere, su forti pressioni della Spagna, le qualità dell’olio d’oliva, Safe denuncia come “l’olio extra vergine e quello di sansa ottengano entrambi un punteggio A” anche se il primo ha un tenore molto più alto di grassi monoinsaturi e di vitamine A e E.

Inoltre, Safe ha condotto un’analisi comparativa con altri sistemi di etichettatura dello stesso tipo (Nova brasiliano, Siga francese, ed etichetta messicana sull’eccesso di zuccheri) concludendo che “spesso i risultati di Nutriscore sono apparsi molto più favorevoli a prodotti ultra-lavorati o ad alto contenuto di zuccheri”.

Un altro difetto del Nutri Score è la classificazione degli alimenti secondo una porzione standard di 100g, un sistema che “sembra funzionare bene nella valutazione del punteggio nutrizionale per i prodotti multi-ingrediente”, ma “inadeguato per i prodotti mono ingrediente, in quanto si riferisce ad una quantità che non corrisponde all’assunzione potenziale del consumatore”.

Per questi motivi la Ong raccomanda alla Commissione europea, che nei prossimi mesi proporrà un’etichetta nutrizionale obbligatoria a livello Ue, di tenere conto degli aspetti negativi del Nutri Score, di usare un criterio per porzione e non per 100 grammi e di testare il sistema per tre anni prima della sua adozione.

Cosa deve fare l’Italia ?

L’Italia deve andare sempre in sostegno delle aziende agro-alimentari nostrane che producono prodotti di eccellenza, come il Parmigiano Reggiano o il Prosciutto di Parma che sono fiore all’occhiello dell’industria alimentare nazionale che è fatta di tradizioni e uomini e donne che da secoli le portano avanti con dedizione e non possono essere penalizzati da politiche comunitarie scellerate.

Vincenzo Caruso – Coord. Prov. di Latina

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